Being introverted in an extroverted world.

All my life I thought I was shy. According to Treccani “l’esser timido, the quality of who he is, or it shows itself, shy, soprattutto come atteggiamento abituale di chi è poco sicuro di sé, indeciso ed esitante, incerto nell’agire per soggezione, per timore del giudizio altrui“. Eppurequesta definizione strideva alle mie orecchie: non sono mai arrossita, non mi sono mai ritenuta esitante per paura di quel che pensavano le persone attorno a me, non mi sono mai sentita timorosa di dire la mia (semmai, spesso scocciata di dover dire cose che ritengo ovvie, ma questa è un’altra storia). Poi, auto analizzandomi a lungo ho capito: sono un’introversa (e non sempre timidezza ed introversione si riscontrano nella stessa persona). Sempre secondo la Treccani, l’introversione èin psicologia, l’atteggiamento di chi regola il pensiero e il comportamento dirigendo l’interesse prevalentemente verso la propria persona e il proprio mondo interiore, estraniandosi quindi dalla realtà esterna e dal contatto con i proprî simili“. Che sia una cosa negativa o positiva, è un dato di fatto: il mio mondo interno mi è sempre apparso tanto più interessante di quello esterno. Non che non mi importi di quello che mi accade intorno, ma sono i giri che la mia mente compie ad essere causa di maggior dispendio della mia energia. Ognuno di noi ha un mondo dentro, fatto di meraviglie illuminanti e insieme di abissi terrificanti, ma sono le persone introverse a farne poesia. Non a caso, la quasi totalità di artisti di vario genere hanno questo tipo di personalità. Secondo un articolo molto interessante della dottoressa Lucia Montesi, è una caratteristica non modificabile in quanto figlia al 50% del patrimonio genetico. Il restante 50% è dato dalle esperienze di vita e dall’ambiente in cui si cresce. E, sempre parlando di dati e citando la psicoterapeuta, il 60% della popolazione mondiale è estroversa. Si evince dunque che viviamo in un mondo estroverso: la maggior parte delle persone dà più peso alla vita esterna che a quella interna, la maggior parte delle attività ricreative o lavorative sono a misura d’estroversƏ. Non sarebbe un male di per sé, se questo non fosse fonte, spesso e poco volentieri, di disagio in chi non ha tali inclinazioni. Citando l’articolo di cui prima, “l’ambiente sociale esercita una continua pressione verso il modello estroverso, considerando gli introversi come inadeguati, chiusi, timidi e insicuri“. Non è quindi mai stata una mia paranoia quella di sentirmi sbagliata e inadeguata quando mi trovavo in contatto con una moltitudine di persone estroverse! Mi sono spesso vista come una persona strana e fuori luogo a certi contesti, un posolitaria. E invece eroe sonoun’introversaa questo punto della mia vita, fiera di esserlo come sono fiera di tutte le mie caratteristiche.

Fatte le dovute premesse, dato che siamo in pieno clima natalizio, voglio proporre un tema sicuramente molto caro alle persone che hanno le mie stesse inclinazioni introverse: le feste. Il Natale soprattutto. Il fondamentale problema è la sopravvalutazione che se ne fa: si sente la pressione di fingere che tutto vada bene, l’opprimente ostentazione di una serenità che non può esistere e di una felicità che non si prova. Il mondo intero va allo sfacelo giorno dopo giorno ma, per amore della sacra causa delle festività, trasformiamo ogni problema in polvere da mettere prontamente sotto al tappeto colorato della gioia e della fratellanza. Le città si vestono a festa per obbligarci a sentire lo spirito natalizio anche quando è la cosa che sentiamo più lontana di tutte. Lo stare insieme a tutti i costi scavalca i bisogni del singolo individuo. La collettività vince sul desiderio di solitudine, i giochi di società attorno a un tavolo battono lo stare sul letto a quattro di bastoni. E tutto questo, per una persona introversa, è un dispendio di energie enorme. È vero che l’essere umano è un animale politico che tende ad aggregarsi ai propri simili per fare comunità, ma è altrettanto vero che non c’è niente di male nell’amare la compagnia di se stessi.

Non voglio essere fraintesa: passare del tempo con le persone amate è bellissimo anche per noi introversƏ. È il dover passare in compagnia ogni momento disponibile nei giorni prima e dopo Natale, il problema. La batteria sociale che normalmente si ricarica con una serata in solitudine (o magari una giornata, se si può), dopo un periodo di così lungo contatto continuo con le persone, necessita di un mese in un eremo in una montagna sperduta, per recuperare.

In conclusione, qualche constatazione spiccia: la pace di una casa silenziosa non ha eguali. I programmi annullati all’ultimo non arrecano un dispiacere così grande se ad aspettarci c’è la combo divano-copertina-libro/tv. Lo smart working è l’invenzione del secolo, se non del millennio. Stare con amicƏ introversƏ è la pace dei sensi, perché ogni tanto stare da solƏ ma in compagnia è un balsamo per l’anima. Vogliamo bene alle persone estroverse che ci capiscono e ciadottanosenza fare troppe domande. E infinenon è triste passare i giorni di festa in solitudine, è triste volerlo passare in compagnia a tutti i costi.

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