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17 marzo, la prima di Inferno 2021 della compagnia NoGravity. Il punto di vista di una spettatrice stupefatta.

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Autrice: Giulia Anzani

Si apre il sipario.

La prima cosa che salta all’occhio, dopo qualche secondo di buio, è una persona seduta per terra. E una che sta seduta sul soffitto. Ci vuole qualche attimo per  superare la sensazione di confusione e rendersi conto che, sopra al palco, troneggia un enorme specchio che permetterà una visione innovativa di uno spettacolo incredibile, la promessa di qualcosa d’indimenticabile.

Poi, le luci rosse e gialle. Calde, calde come l’inferno. È proprio lì che ci troviamo: catapultati nei gironi danteschi, in una rivisitazione suggestiva e inaspettata dell’inferno. Si prospetta un viaggio, lungo un’ora e poco più, nei luoghi più oscuri che si possano immaginare. Un viaggio nella mente di Dante se fosse stato un coreografo. Azzardo forse, dicendo che il Vate avrebbe apprezzato il modo in cui questo spettacolo amplifica le sensazioni che si provano a leggere le sue terzine incatenate. Ma è proprio questo che si prova: coinvolgimento, al punto da sentire l’odore di zolfo che s’immagina esserci all’inferno. Al punto di provare la sensazione di angoscia eterna dei dannati, lì costretti dai loro peccati.

Sul palco non c’è una scenografia. Ci sono sei persone, androgine e aggraziate, che si muovono, si accovacciano, si toccano, assumono pose “infernali” ma sempre con una delicatezza surreale. Come in un perenne richiamo al quadro “Satana invocando le sue legioni” di Thomas Lawrence, i corpi silenziosi e leggeri degli artisti sono connotati di enorme capacità espressiva, grazie al guizzo dei muscoli accentuato dal sapiente uso delle luci, ai movimenti repentini ma morbidi. 

Musica e suoni sono un connubio ormai indissolubile con i movimenti delle sei figure sul palco: chi guarda non capisce più se siano i suoni a scandire i movimenti o viceversa. La musica è più ritmata e a tratti angosciante, quando i dannati non riescono a far altro che salire e, inevitabilmente, cadere verso il basso. Si trasforma in musica più dolce e suadente, lenta, quando gli amanti non riescono a raggiungersi, in un perenne toccarsi e doversi lasciar andare.

Le immagini che si riflettono sul grande specchio, stupiscono e suscitano un turbinio di emozioni nello spettatore. Le illusioni ottiche sono il perno su cui i NoGravity basano la loro ammaliante esibizione, e il pubblico – volente o nolente – ne è catturato. Uno spettacolo, come da premessa, indimenticabile.

Pubblicato su www.agenziaradicale.com il 18 marzo 2022

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